Marketing

I Colori del Marketing

Chantal Bombaci No Comments

Una guida per conoscere tutti i segreti della tavolozza


 

“Un’immagine vale più di mille parole”.

I_Colori_del_Marketing

Verissimo, ma non diamo per scontato che tutte le immagini cui siamo sottoposti raggiungano il nostro cervello.  La percezione visiva infatti è del tutto subordinata a questa macchina straordinaria, il cervello, in grado di provocare effetti emotivi e comportamenti psicologici diversi.

Per trattare in modo adeguato un argomento così affascinante come quello del comportamento umano, oggi andremo a spulciare tra le teorie più “affidabili” (a quanto dicono…) sulla psicologia del colore.

Loro, i colori, allegri pantoni ordinatamente disposti in fila con su un codice identificativo come fossero soldatini, devono essere la nostra cassetta degli attrezzi, in quanto possiedono la capacità di veicolare in positivo o in negativo emozioni e sensazioni.

Come dimostra la ricerca, elementi quali preferenze personali, esperienze, educazione, differenze culturali, contesto, spesso plasmano l’effetto che i singoli colori hanno su di noi. Infatti, un’indagine eseguita tra i partecipanti al Seoul International Color Expo ha indicato che il 92,6% dei consumatori dichiara essere il colore l’elemento principale che veicola il proprio acquisto, mentre solo il 5,6% afferma che il tatto è più importante, mentre udito e olfatto attirano solo lo 0,9%.

Potrei tranquillamente affermare di far parte di questo 92,6%. Da consumatrice esperta. Ok, da consumatrice dalle mani bucate.

Da ‘addetta ai lavori’, invece..

– non me ne vogliate, ma questo dice la didascalia sotto l’immagine che mi rappresenta nella sezione “il team” e la nostra Consulente Marketing, sangue del mio sangue, a certe cose ci tiene proprio –

mi permetto di affermare che:

la scelta del colore rappresenta effettivamente uno step determinante durante il processo di pianificazione di una campagna di comunicazione: dalla realizzazione di un sito internet, ad uno specifico packaging, fino alla pubblicità offline. Perché il colore può cambiare l’esito del risultato. Imbattersi in scelte cromatiche sbagliate, è un pericolo che si riversa sia nel contenuto del messaggio che nell’invito all’azione, rischiando che questi vengano ignorati dall’utente/consumatore.

Non è un caso che anche la  NASA abbia a cuore l’argomento, tanto da aver realizzato degli appositi strumenti per aiutare a scegliere combinazioni di colori ottimali da utilizzare (o manomettere?).

Esiste pertanto, una psicologia del colore, un codice ben preciso,  che se utilizzato nel modo giusto può essere un supporto determinante per il successo o il fallimento di un brand.

Per il content marketing il colore è uno ‘spunto’ dal quale partire. Del tutto studiato. Teorico. Analitico. Markettaro.

Da amante dell’arte e, ahimè, aspirante pittrice e fedele seguace della nostra #illustratrice, mi pesa un po’ dover affermare quanto sopra, temendo di minimizzare così la magia che una tavolozza è in grado di trasmettere. Per il content marketing la realtà ha sfaccettature diverse. In un oceano di contenuti, il colore può aiutare a spiccare tra tanti. Il colore è un segnale che mandiamo all’utente per fargli vedere, sentire, fare ciò che speriamo.


Ed ecco la guida promessa, almeno per quanto suggerito dalla “scienza”:

Bianco. (indiscutibilmente il mio colore, da sempre e per sempre)

Il bianco raffigura la libertà da ogni sorta di impedimento. Colore della purezza, della nitidezza, del candore, dell’innocenza. Rappresenta la realizzazione di condizioni ideali e valide per una nuova partenza.

Rosso.

Il colore rosso è il più studiato, attraente, intrigante, malizioso. Connota eccitazione, sensazioni di pericolo. Può evocare reazioni psicologiche di combattimento e riflessi scattanti: aumento della pressione sanguigna, dell’adrenalina e del battito cardiaco, riconosciuto come segnale d’allarme. Possiede molta più energia degli altri, spinge all’azione e al rischio. Usato nel periodo di saldi.

Blu.

Il blu invece è calmante. Evoca serenità e tranquillità. Nel blu intravediamo evidenti relazioni con il cielo e l’acqua. Il blu viene associato alla costanza, alla sicurezza e alla fiducia. Questo spiega perché  questo colore risulta essere il preferito nella realizzazioni di  loghi delle compagnie che puntano a trasmettere affidabilità. Spesso correlato a imprese e banche.

Verde.

Il verde viene associato istintivamente alla natura, che evoca sensazioni di freschezza e pulizia. Fra i colori preferiti più citati – dai consumatori, e da quelli che hanno fatto dei sondaggi sul colore – vi sono il verde ed il blu per le sensazioni di freschezza e calma associati ad essi. Di conseguenza il verde serve a connotare salute e freschezza.

Giallo. 

Nella maggior parte delle culture il giallo rappresenta il sole. Il colore della luce che evoca sensazioni di allegria, freschezza e ottimismo. Usato per attirare l’attenzione nelle vetrine. Sembrerebbe, inoltre, che la combinazione ottimale sia data da inchiostro giallo su carta nera. 

Arancione.

L’arancione è una combinazione di rosso e giallo. Un mix tra l’eccitazione del rosso e le emozioni allegre e solari del giallo. L’arancione è spesso utilizzato per la realizzazione di giocattoli e videogiochi. Grazie all’energia vivace che emana viene associato alle festività, pertanto rappresenta la scelta ideale per la  comunicazione di eventi festivi o popolari. Ideale per le Call to Action: Registrati, Scopri di più, Acquista.

Viola.

Il viola, realizzato mescolando il  rosso e il blu, tra tutti i colori è quello che risulta essere il più elaborato. Dal rosso acquisisce calore che si trasmette in sensualità, il blu lo devia verso la direzione opposta, raffreddandolo, e facendogli così acquisire sensazioni più pacate. Usato per i prodotti di bellezza, anti-età e articoli eleganti.

Marrone.

Il marrone, per tradizione, ha sempre raffigurato paesaggi rurali. Oggi assume connotazioni più ampie. Viene associato ad esempio al cioccolato e al caffè, scaturendo emozioni più “succulenti”.  Da questo emerge che le sensazioni che vengono evocate nelle persone sono legate all’utilizzo che se ne fa: spesso necessita di buone associazioni di colore nello studio del design per suscitare appropriate connotazioni di umore, in quanto meno efficace nel provocare reazioni.

Nero. ( Un must per me, devo ammetterlo. Ok, quindi: black & white…e non si sbaglia mai)

Il nero è un colore psicologico. Tradizionalmente associato al lutto, negli anni ha assunto sempre più tratti che esaltano l’idea di sofisticazione, potere ed eleganza. Il nero è il colore da utilizzare per creare un design di nicchia. Il pantone senza alcun dubbio del Marketing e la Comunicazione di Lusso.


Da un’analisi effettuata da Marketo su un campione di 100 brand,risulta che il 29% utilizza il colore rosso, il 33% il blu, il 28% il grigio e il 13% il giallo.


Alcuni tool online utili per la gestione di palette di colori:
Adobe Color
Shutterstock
Paletton.com

Interruption Marketing

Francesco Degortes No Comments

Posso disturbarla?


 

–  Allora le spiegavo che..
– Scusi, un secondo!.. Pronto!
– …
– Si, sono io.
– …
– No grazie… guardi non sono interessata, non so usare il computer… la ringrazio, mi avete già chiamato venti volte questa settimana. Arrivederci… Dicevamo?
– Le stavo dicendo che per riuscire a…
– Driiin!
– Mi scusi davvero. Chi sarà adesso’
– Salve Signora, conosce la nuova linea Rughe addio..
– Guardi mi scusi, ma ho il sugo sul fuoco e comunque ancora ho qualche annetto prima di dovermi preoccupare delle rughe.
– Si, ma…
– La ringrazio. Stum!
– Dove eravamo rimasti?

– Oggi ognuno di noi è inondato da oltre 2000 interruzioni di outbound marketing (sinonimo di interruption marketing, nda) al giorno, ed inventiamo modi sempre più creative per bloccarle.- cit. Brian Halligan, CEO di Hub Spot.

Quotidianamente siamo subissati da messaggi pubblicitari, che ci “interrompono” e spesso “disturbano”, tentando di attirare la nostra attenzione su prodotti ai quali, nella stragrande maggioranza dei casi, non siamo assolutamente interessati.

Tentare di farsi conoscere irrompendo nella vita delle persone, senza che esse abbiano dato un reale consenso a farlo, può spesso avere più risvolti negativi, che positivi.

L’outbound marketing o interruption marketing, è quella strategia di marketing che mira, attraverso i vari mezzi di comunicazione (tv, radio,web etc.), a farsi conoscere o far conoscere un prodotto, dal maggior numero possibile di ipotetici clienti, interrompendo le persone mentre svolgono un’azione e tentando di spostare la loro attenzione verso un’idea o prodotto specifico (per ciò che concerne il web: spam, interstitial, finestre pop-up o per esempio i messaggi pubblicitari su youtube prima della riproduzione di un video). Le falle legate a questo approccio sono:

– i costi elevati della pubblicità.
– l’abnorme quantità di messaggi promozionali
– il poco tempo che ognuno ha a disposizione per prestare attenzione a questo tipo di inserzioni
– la mancanza di un reale consenso da parte dell’utente/cliente a ricevere tali informazioni.

Inoltre, gli utenti raggiunti, potrebbero non essere interessati all’informazione/prodotto o peggio ancora la modalità invasiva adottata potrebbe allontanare ipotetici clienti.

Per queste ragioni, ci si sta sempre più orientando verso un marketing del consenso. Non più un atteggiamento push( outbound marketing: spinta del prodotto verso il cliente), ma pull (inbound marketing: attirare il cliente verso il proprio brand). L’idea di base è farsi trovare dal cliente quando si viene cercati, instaurando con esso una relazione basata sul consenso spontaneo che esso da al ricevere informazioni dall’azienda. (Permission marketing, termine coniato da Seth Godin, in contrapposizione all’interruption marketing.)

L’inbound marketing mira a trovare nuovi clienti, intercettando i loro bisogni, come avviene con il marketing dei motori di ricerca, e creando contenuti che possano stuzzicarne l’attenzione. Sono quindi i clienti che cercano l’azienda o il prodotto e non viceversa. Utilizzando strumenti e strategie ad hoc l’azienda deve essere presente quando il cliente ne ha bisogno. A questo scopo è molto utile la SEO (search engine optimization), per capirci meglio: se avete un’agenzia immobiliare, quando viene digitata la parola casa o affitto o vendita, la vostra pagina o sito dovrebbe essere il primo dei risultati. Altro fattore fondamentale è la generazione di lead (creare contatti profilati) grazie all’uso di call-to-action (pulsanti che inducono a fare un’azione, per esempio l’iscrizione a una newsletter) e di landing page ( pagine di atterraggio, dove si finisce dopo aver cliccato il pulsante).Questo tipo di strategia ha inoltre un vantaggio di non poco conto: i dati.

Con l’inbound marketing tutto il processo d’acquisto viene seguito, e con appositi software d’analisi è possibile comprendere quali sono i canali pubblicitari più redditizi, potendo così sfruttare meglio sforzi e risorse economiche. ROI (return on investment) ritorno dell’investimento, per capire quanto il capitale investito in campagna pubblicitaria ritorna in termini di reddito o visibilità.

– Dove eravamo rimasti?
– Le dicevo che con questo video citofono, ha la possibilità di evitare che i vari avventori venditori di fumo la disturbino, è dotato anche di un interruttore per disattivare e riattivare il citofono a suo piacimento.

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Personal Branding

Francesco Degortes No Comments

Uno, nessuno, centomila al tempo del marketing


 

Uno è come ci vediamo noi,

Centomila, i modi in cui gli altri ci percepiscono,

e quindi chi siamo? Nessuno.

Ecco, la tematica che affronteremo oggi ha lo scopo di evitare di essere un nessuno, ed un centomila, ma mira a valorizzare quell’uno e le sue peculiarità.


Di che parliamo?

Di Personal Branding naturalmente.

Tentiamo in primis di capire di che si tratta. Chiamando in supporto wikipedia, possiamo dare questa definizione:

Il personal branding è un processo attraverso cui un’azienda o una persona definisce i punti di forza (conoscenze, competenze, stile, carattere, abilità, ecc.) che la contraddistinguono in modo univoco, creando un proprio marchio personale, che comunica poi nel modo che reputa più efficace. Il personal branding adotta le tecniche utilizzate dal Marketing per promuovere i prodotti commerciali e le adatta per la promozione dell’identità delle singole persone e delle aziende.

In sostanza, non è altro che la capacità di vendere se stessi (Persona o Impresa), è l’immagine che diamo di noi, la nostra reputazione e di conseguenza il motivo per il quale dovrebbero scegliere noi e non altri.

E’ una vera e propria strategia di marketing che si basa su tre punti chiave.

1) Comprendere cosa sai fare.

2) Come lo sai fare.

3) Perché gli altri dovrebbero sceglierti.

Un gioco di seduzione insomma: si mostra il meglio di sé, valorizzando i propri punti di forza e dimostrando di essere unici, ma senza inganni sia chiaro:

“Colui che perde la reputazione per gli affari, perde affari e reputazione.” 

dice Francisco De Quevedo.

E’ fondamentale quindi, un’analisi accurata per comprendere la nostra posizione, chi siamo e come siamo percepiti e poi avere ben chiaro a chi vogliamo arrivare e come, puntando sul nostro Know How e la nostra unicità. Come un Ulisse dei giorni d’oggi dobbiamo farci precedere dalla nostra reputazione:

“La reputazione di un uomo è come la sua ombra: gigantesca quando lo precede, di proporzioni minuscole quando lo segue.”  Cit. Principe Talleyran

Anche perché per dirla alla Henry Ford, non proprio uno sprovveduto:

“Le due cose più importanti non compaiono nel bilancio di un’impresa: la sua reputazione ed i suoi uomini.” 


Personal_Branding_Suggerimenti

Vademecum: errori da evitare in tema di Personal Branding
  • Essere Falso
  • Non prendere una posizione
  • Agire senza pensare
  • Scegliere la quantità piuttosto che la qualità
  • Focalizzarsi sulla fama

 

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