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Destinazione Landing Page

Francesco Degortes No Comments

Eccoci qua come promesso (con una settimana di ritardo), dopo l’escursione Giapponese (vedi articolo a scuola di html) siamo pronti per un altro viaggio. Dove atterreremo quest’oggi?

Parlo di atterraggio non a caso, perché la nostra storia andrà a finire su una Landing Page (pagina d’atterraggio appunto), quindi cinture allacciate, accendete ogni apparecchio elettronico, si la nostra compagnia aerea è differente, e pronti a visitare una pagina web fatta solo per voi… tutti voi.

Arriverete nel posto che avete sempre desiderato e non vedrete l’ora di viverlo.

Quindi mettetevi comodi e rilassatevi. Siete pronti? Si atterra!

Cerchiamo un pilota. Ehi, ehi niente panico, non avete mai viaggiato su un aereo senza pilota? Scherzo c’è l’automatico, ma non è molto bravo a portare giù questo gigante. Non fatevi prendere dal panico, ora cerchiamo un buon link o una pubblicità adatta e il gioco è fatto.

Qualche informazione di servizio.

La Landing page (l’oasi fantastica in cui stiamo arrivando) è una pagina web, un minisito a pagina unica, ottimizzata per una specifica parola chiave, o frase, per “attrarre” i motori di ricerca, sulla quale si “atterra” dopo aver cliccato su un banner pubblicitario, una campagna pay per click su Google AdWords, inserzione Facebook Ads, un’iniziativa di Direct Email Marketing o su un link all’interno di un sito o blog: abbiamo trovato il pilota. Visto? Vi stavate preoccupando inutilmente. Si ora fa l’annuncio. No non può entrare nella cabina a guardare il panorama, però nella fila 17 c’è un posto finestrino. Che dice? E’ superstiziosa? Scherzavo, non abbiamo la fila 17, però un posto finestrino libero se desidera lo troviamo. Mi scusi, ma devo finire il claim.

E’ una pagina dedicata a un prodotto o servizio specifici, studiata appositamente per spingere l’utente(noi) a compiere un’azione (Call to action): iscriversi alla newsletter, compilare un form o effettuare un acquisto, dando in cambio un qualche servizio o vantaggio: sconti, prodotti in regalo o semplicemente l’informazione che il “futuro cliente” stava cercando.

Lo scopo principale di una Landing Page è quello di spingere l’utente a fornire informazioni di contatto personali tramite un modulo, per poi trasformare il “lead” in cliente, o convincere l’utente ad acquistare un prodotto o servizio online, quindi “convertire” un anonimo navigatore del web in un contatto e futuro cliente.

Lo so non vedete l’ora di arrivare, eh?

Una buona landing page:

  • deve sposarsi perfettamente con quanto dichiarato nella comunicazione pubblicitaria,
  • avere un linguaggio semplice, essenziale e persuasivo,
  • non deve contenere elementi che possano distrarre l’utente, come link ad altri contenuti o informazioni troppo generiche,
  • deve avere una grafica accattivante e funzionale, focalizzata su quello che si vuole che l’utente faccia (compilare il form, acquistare il prodotto),
  • deve avere tutti gli strumenti (pulsante “calltoaction”, form) ben visibili.
  • deve essere collegata ad un sistema di statistiche come Google Analytics e Yandex Metrica in modo da monitorare il numero di visite, conversioni e spostamenti e azioni sulla pagina compiute dall’utente. Dati utili per ottimizzare la tua pagina.
  • deve essere responsive, cioè deve adattarsi automaticamente al dispositivo col quale viene visualizzata pc, tablet o smatphone.

Quando arrivi sulla pagina devi pensare: ecco quello che cercavo. Vi sto portando proprio dove volete andare. Si ora passo col caffè.. come dice? Macchiato? Ah, lei lungo non troppo caldo? No signora, shackerato non è possibile…

Le landing pages sono sostanzialmente di due tipi:

  • Squeeze page: in cui l’utente viene spinto a lasciare i propri dati di contatto attraverso un form.
  • Sales Page: pagina di vendita, l’utente viene spinto ad acquistare un prodotto o servizio.

Perché giriamo in tondo? Ancora non è stato dato l’ok all’atterraggio. Fanno l’A/B test.

No nessuna epidemia. No signore nessuna malattia tropicale. Se vi diamo il voto? No, in realtà sarete voi a dare il voto. No, non può guidare l’aereo superando l’A/B test. Si certo il test è anonimo, un test di gradimento.

Ora vi spiego come funziona:

è un test che serve a capire l’efficienza di una landing page: si crea la stessa pagina cambiando la disposizione degli elementi, esempio: una con il form a destra e l’immagine a sinistra e una con l’immagine in alto e il form in basso. Utilizzando degli strumenti di analisi (vedi sopra), si può capire quale pagina funzioni meglio. Se, ad esempio, stiamo chiedendo troppi dati e non otteniamo conversioni dovremmo provare una versione più semplice del modulo, o viceversa, se otteniamo troppi contatti irrilevanti può essere utile usare un form più dettagliato. Un’altra cosa utile potrebbe essere testare le variazione di posizione e colore del pulsante della Call to Action per capire quale opzione è più efficace.

Ci siamo, allacciate le cinture.

La forza della landing page è che offre al visitatore quello che sta cercando, inoltre sapendo esattamente cosa ha spinto l’utente a visitare la pagina, è possibile rendere più naturale il passaggio dall’annuncio alla conversione.

No non fatevi riconoscere, niente applauso.

Esistono strumenti o servizi online per creare delle Landing Page, come visual composer, instapage, landing page manager etc.

Grazie per aver scelto la nostra compagnia e arrivederci.

No signore non può portarsi via il giubbotto salvagente come ricordo. Lo sappiamo entrambi che non è per suo figlio. Le è piaciuto il viaggio? Allora se vuole può mettere un like qua sotto… come dice? Ha delle cose da aggiungere? Le può scrivere qua sotto. La ringrazio ancora. Arrivederci.

I Colori del Marketing

Chantal Bombaci No Comments

Una guida per conoscere tutti i segreti della tavolozza


 

“Un’immagine vale più di mille parole”.

I_Colori_del_Marketing

Verissimo, ma non diamo per scontato che tutte le immagini cui siamo sottoposti raggiungano il nostro cervello.  La percezione visiva infatti è del tutto subordinata a questa macchina straordinaria, il cervello, in grado di provocare effetti emotivi e comportamenti psicologici diversi.

Per trattare in modo adeguato un argomento così affascinante come quello del comportamento umano, oggi andremo a spulciare tra le teorie più “affidabili” (a quanto dicono…) sulla psicologia del colore.

Loro, i colori, allegri pantoni ordinatamente disposti in fila con su un codice identificativo come fossero soldatini, devono essere la nostra cassetta degli attrezzi, in quanto possiedono la capacità di veicolare in positivo o in negativo emozioni e sensazioni.

Come dimostra la ricerca, elementi quali preferenze personali, esperienze, educazione, differenze culturali, contesto, spesso plasmano l’effetto che i singoli colori hanno su di noi. Infatti, un’indagine eseguita tra i partecipanti al Seoul International Color Expo ha indicato che il 92,6% dei consumatori dichiara essere il colore l’elemento principale che veicola il proprio acquisto, mentre solo il 5,6% afferma che il tatto è più importante, mentre udito e olfatto attirano solo lo 0,9%.

Potrei tranquillamente affermare di far parte di questo 92,6%. Da consumatrice esperta. Ok, da consumatrice dalle mani bucate.

Da ‘addetta ai lavori’, invece..

– non me ne vogliate, ma questo dice la didascalia sotto l’immagine che mi rappresenta nella sezione “il team” e la nostra Consulente Marketing, sangue del mio sangue, a certe cose ci tiene proprio –

mi permetto di affermare che:

la scelta del colore rappresenta effettivamente uno step determinante durante il processo di pianificazione di una campagna di comunicazione: dalla realizzazione di un sito internet, ad uno specifico packaging, fino alla pubblicità offline. Perché il colore può cambiare l’esito del risultato. Imbattersi in scelte cromatiche sbagliate, è un pericolo che si riversa sia nel contenuto del messaggio che nell’invito all’azione, rischiando che questi vengano ignorati dall’utente/consumatore.

Non è un caso che anche la  NASA abbia a cuore l’argomento, tanto da aver realizzato degli appositi strumenti per aiutare a scegliere combinazioni di colori ottimali da utilizzare (o manomettere?).

Esiste pertanto, una psicologia del colore, un codice ben preciso,  che se utilizzato nel modo giusto può essere un supporto determinante per il successo o il fallimento di un brand.

Per il content marketing il colore è uno ‘spunto’ dal quale partire. Del tutto studiato. Teorico. Analitico. Markettaro.

Da amante dell’arte e, ahimè, aspirante pittrice e fedele seguace della nostra #illustratrice, mi pesa un po’ dover affermare quanto sopra, temendo di minimizzare così la magia che una tavolozza è in grado di trasmettere. Per il content marketing la realtà ha sfaccettature diverse. In un oceano di contenuti, il colore può aiutare a spiccare tra tanti. Il colore è un segnale che mandiamo all’utente per fargli vedere, sentire, fare ciò che speriamo.


Ed ecco la guida promessa, almeno per quanto suggerito dalla “scienza”:

Bianco. (indiscutibilmente il mio colore, da sempre e per sempre)

Il bianco raffigura la libertà da ogni sorta di impedimento. Colore della purezza, della nitidezza, del candore, dell’innocenza. Rappresenta la realizzazione di condizioni ideali e valide per una nuova partenza.

Rosso.

Il colore rosso è il più studiato, attraente, intrigante, malizioso. Connota eccitazione, sensazioni di pericolo. Può evocare reazioni psicologiche di combattimento e riflessi scattanti: aumento della pressione sanguigna, dell’adrenalina e del battito cardiaco, riconosciuto come segnale d’allarme. Possiede molta più energia degli altri, spinge all’azione e al rischio. Usato nel periodo di saldi.

Blu.

Il blu invece è calmante. Evoca serenità e tranquillità. Nel blu intravediamo evidenti relazioni con il cielo e l’acqua. Il blu viene associato alla costanza, alla sicurezza e alla fiducia. Questo spiega perché  questo colore risulta essere il preferito nella realizzazioni di  loghi delle compagnie che puntano a trasmettere affidabilità. Spesso correlato a imprese e banche.

Verde.

Il verde viene associato istintivamente alla natura, che evoca sensazioni di freschezza e pulizia. Fra i colori preferiti più citati – dai consumatori, e da quelli che hanno fatto dei sondaggi sul colore – vi sono il verde ed il blu per le sensazioni di freschezza e calma associati ad essi. Di conseguenza il verde serve a connotare salute e freschezza.

Giallo. 

Nella maggior parte delle culture il giallo rappresenta il sole. Il colore della luce che evoca sensazioni di allegria, freschezza e ottimismo. Usato per attirare l’attenzione nelle vetrine. Sembrerebbe, inoltre, che la combinazione ottimale sia data da inchiostro giallo su carta nera. 

Arancione.

L’arancione è una combinazione di rosso e giallo. Un mix tra l’eccitazione del rosso e le emozioni allegre e solari del giallo. L’arancione è spesso utilizzato per la realizzazione di giocattoli e videogiochi. Grazie all’energia vivace che emana viene associato alle festività, pertanto rappresenta la scelta ideale per la  comunicazione di eventi festivi o popolari. Ideale per le Call to Action: Registrati, Scopri di più, Acquista.

Viola.

Il viola, realizzato mescolando il  rosso e il blu, tra tutti i colori è quello che risulta essere il più elaborato. Dal rosso acquisisce calore che si trasmette in sensualità, il blu lo devia verso la direzione opposta, raffreddandolo, e facendogli così acquisire sensazioni più pacate. Usato per i prodotti di bellezza, anti-età e articoli eleganti.

Marrone.

Il marrone, per tradizione, ha sempre raffigurato paesaggi rurali. Oggi assume connotazioni più ampie. Viene associato ad esempio al cioccolato e al caffè, scaturendo emozioni più “succulenti”.  Da questo emerge che le sensazioni che vengono evocate nelle persone sono legate all’utilizzo che se ne fa: spesso necessita di buone associazioni di colore nello studio del design per suscitare appropriate connotazioni di umore, in quanto meno efficace nel provocare reazioni.

Nero. ( Un must per me, devo ammetterlo. Ok, quindi: black & white…e non si sbaglia mai)

Il nero è un colore psicologico. Tradizionalmente associato al lutto, negli anni ha assunto sempre più tratti che esaltano l’idea di sofisticazione, potere ed eleganza. Il nero è il colore da utilizzare per creare un design di nicchia. Il pantone senza alcun dubbio del Marketing e la Comunicazione di Lusso.


Da un’analisi effettuata da Marketo su un campione di 100 brand,risulta che il 29% utilizza il colore rosso, il 33% il blu, il 28% il grigio e il 13% il giallo.


Alcuni tool online utili per la gestione di palette di colori:
Adobe Color
Shutterstock
Paletton.com

Interruption Marketing

Francesco Degortes No Comments

Posso disturbarla?


 

–  Allora le spiegavo che..
– Scusi, un secondo!.. Pronto!
– …
– Si, sono io.
– …
– No grazie… guardi non sono interessata, non so usare il computer… la ringrazio, mi avete già chiamato venti volte questa settimana. Arrivederci… Dicevamo?
– Le stavo dicendo che per riuscire a…
– Driiin!
– Mi scusi davvero. Chi sarà adesso’
– Salve Signora, conosce la nuova linea Rughe addio..
– Guardi mi scusi, ma ho il sugo sul fuoco e comunque ancora ho qualche annetto prima di dovermi preoccupare delle rughe.
– Si, ma…
– La ringrazio. Stum!
– Dove eravamo rimasti?

– Oggi ognuno di noi è inondato da oltre 2000 interruzioni di outbound marketing (sinonimo di interruption marketing, nda) al giorno, ed inventiamo modi sempre più creative per bloccarle.- cit. Brian Halligan, CEO di Hub Spot.

Quotidianamente siamo subissati da messaggi pubblicitari, che ci “interrompono” e spesso “disturbano”, tentando di attirare la nostra attenzione su prodotti ai quali, nella stragrande maggioranza dei casi, non siamo assolutamente interessati.

Tentare di farsi conoscere irrompendo nella vita delle persone, senza che esse abbiano dato un reale consenso a farlo, può spesso avere più risvolti negativi, che positivi.

L’outbound marketing o interruption marketing, è quella strategia di marketing che mira, attraverso i vari mezzi di comunicazione (tv, radio,web etc.), a farsi conoscere o far conoscere un prodotto, dal maggior numero possibile di ipotetici clienti, interrompendo le persone mentre svolgono un’azione e tentando di spostare la loro attenzione verso un’idea o prodotto specifico (per ciò che concerne il web: spam, interstitial, finestre pop-up o per esempio i messaggi pubblicitari su youtube prima della riproduzione di un video). Le falle legate a questo approccio sono:

– i costi elevati della pubblicità.
– l’abnorme quantità di messaggi promozionali
– il poco tempo che ognuno ha a disposizione per prestare attenzione a questo tipo di inserzioni
– la mancanza di un reale consenso da parte dell’utente/cliente a ricevere tali informazioni.

Inoltre, gli utenti raggiunti, potrebbero non essere interessati all’informazione/prodotto o peggio ancora la modalità invasiva adottata potrebbe allontanare ipotetici clienti.

Per queste ragioni, ci si sta sempre più orientando verso un marketing del consenso. Non più un atteggiamento push( outbound marketing: spinta del prodotto verso il cliente), ma pull (inbound marketing: attirare il cliente verso il proprio brand). L’idea di base è farsi trovare dal cliente quando si viene cercati, instaurando con esso una relazione basata sul consenso spontaneo che esso da al ricevere informazioni dall’azienda. (Permission marketing, termine coniato da Seth Godin, in contrapposizione all’interruption marketing.)

L’inbound marketing mira a trovare nuovi clienti, intercettando i loro bisogni, come avviene con il marketing dei motori di ricerca, e creando contenuti che possano stuzzicarne l’attenzione. Sono quindi i clienti che cercano l’azienda o il prodotto e non viceversa. Utilizzando strumenti e strategie ad hoc l’azienda deve essere presente quando il cliente ne ha bisogno. A questo scopo è molto utile la SEO (search engine optimization), per capirci meglio: se avete un’agenzia immobiliare, quando viene digitata la parola casa o affitto o vendita, la vostra pagina o sito dovrebbe essere il primo dei risultati. Altro fattore fondamentale è la generazione di lead (creare contatti profilati) grazie all’uso di call-to-action (pulsanti che inducono a fare un’azione, per esempio l’iscrizione a una newsletter) e di landing page ( pagine di atterraggio, dove si finisce dopo aver cliccato il pulsante).Questo tipo di strategia ha inoltre un vantaggio di non poco conto: i dati.

Con l’inbound marketing tutto il processo d’acquisto viene seguito, e con appositi software d’analisi è possibile comprendere quali sono i canali pubblicitari più redditizi, potendo così sfruttare meglio sforzi e risorse economiche. ROI (return on investment) ritorno dell’investimento, per capire quanto il capitale investito in campagna pubblicitaria ritorna in termini di reddito o visibilità.

– Dove eravamo rimasti?
– Le dicevo che con questo video citofono, ha la possibilità di evitare che i vari avventori venditori di fumo la disturbino, è dotato anche di un interruttore per disattivare e riattivare il citofono a suo piacimento.

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